Panevin

Il panevin viene chiamato anche fogherata o buberata. Venivano coinvolti sia bambini che gli adulti. Si accendeva versa sera al suono dell’Ave Maria. È una tradizione viva ancor oggi in tutta la zona.

Mentre il panevin bruciava e i rovi scoppiettavano, i contadini traevano gli auspici per l’annata, osservando soprattutto la direzione del fumo e delle faville detta fuischa. Se le faville andavano verso occidente il raccolto sarebbe stato abbondante; se tendevano verso oriente, l’annata agraria sarebbe stata scarsa. I bambini, invece, osservando le fuische che danzavano in cielo, recitavano la filastrocca:

Circulin che circulava

Senza ali lui volava

Senza becco lui becava

Circulin che circulava

Il rito del panevin culmina nei brusar la vecia, che simboleggia l’anno vecchio, spesso poco favorevole. La vecia, rappresentata da un fantoccio costruito con tele e sacchi vecchi riempiti di canne, scartozhe, cartocci del granoturco, fieno ed erbe secche, veniva posta sul palo di sostegno del panevin. Dopo il panevin era tipico che i bambini preparavano la calzetta e appendevano alla catena del camino perché la befana la riempisse di doni. La befana era raffigurata come una vecchia generosa, ma brutta e malandata.