Il territorio

Il Quartier del Piave è il pianoro delimitato a sud dal fiume Piave e a nord dai rilievi collinari che caratterizzano l’alta Marca Trevigiana. Corrisponde all’antico Quartier di là dal Piave, una delle otto suddivisioni che, sotto la Serenissima, componevano il territorio della podesteria di Treviso.
I comuni compresi nel Quartier del Piave sono Pieve di Soligo, Refrontolo, Farra di Soligo, Sernaglia della Battaglia, Vidor e Moriago della Battaglia.
Forse il nome del paese deriva da «Pieve», ovvero dalla vita religiosa della comunità. Le tracce più antiche di insediamenti risalgono all’epoca romana. Sulla strada che conduce a Sernaglia della Battaglia, infatti, nel secolo scorso furono ritrovate alcune tombe romane ed alcune monete risalenti all’epoca dell’Imperatore Adriano. Ma il segno più tangibile è rappresentato dalla strada Claudia Augusta Altinate, risalente al I secolo d.c. e da una colonia agricola militare, difesa da fortificazioni collinari. La strada Claudia Augusta Altinate era, per il tempo, di importanza strategica notevole per il suo tracciato che, partendo dall’antica Altino, attraverso Susegana, Pieve di Soligo, Follina e Valmareno, saliva verso il passo di Praderadego fino a Belluno.
Le fortificazioni risalenti all’epoca dell’imperatore Adriano, furono risaldate e potenziate durante la dominazione Longobarda e, in seguito, le torri si trasformarono in castelli, dove si insediarono insigni prelati e signori di potenti famiglie.
Testimonianze ancora visibili di tali costruzioni sono le Torri di Credazzo a Farra di Soligo, mentre viene fatto risalire al tempo il nome della località ‘Castello’.
A questo periodo vengono fatti risalire anche i nomi di alcune località come ‘Farra’, mentre Pieve di Soligo e Solighetto, risalgono all’epoca latina.
Una testimonianza risalente agli statuti della Comunità di Valmareno, accenna all’ipotesi che, in età barbarica, ancor prima della conversone dei ‘pagi’ al cristianesimo, esistesse una comunità organizzata di cui Solighetto era il centro civile e la vicina Pieve quello religioso.
Le prime testimonianze scritte, risalgono al 28 settembre 1192, data alla quale è legato un documento nel quale Enrichetto di Solimano di Rovereto, nipote di Gabriale da Camino, viene investito del Feudo di Valmareno; Solighetto conserverà la denominazione di Gastaldia fino ad epoca recentissima.
Il feudo passerà varie mani, dai Porcia ai da Camino e poi, con la spaccatura di questi ultimi, in Da Camino di Sotto e Da Camino di Sopra, a seconda che i loro domini fossero nella parte alta o nella parte bassa; si verificò una divisione dei possedimenti con la linea geografica dettata dal fiume Soligo.
La parte a nord, comprendente Solighetto, toccò ai Caminesi di Sopra e poi ai Brandolini, mentre la parte a sud fu assegnata al Podestà si Treviso.
Correva l’anno 1215 e prendeva corpo la divisione fra Pieve del’Contà’ e Pieve del ‘Trevisan’.
Le intricate vicende del Medioevo segnarono nella zona i confini secondo i rapporti di forza, e circa nel 1400, oltre ai Da Camino, al Comune di Treviso, ai Collalto (di cui si può ancora oggi ammirare il castello di Susegana e la rocca di Collalto), agli Scaligeri, che possedevano le Torri di Credazzo ed il Castello di Soligo (ora distrutto), si inseri la Repubblica di Venezia che concesse il feudo di Valmareno con l’inseparabile Gastaldia di Solighetto a due suoi illustri capitani: Erasmo da Narmi detto il Gattamelata ed a Bandolino da Bagnacavallo. Il Gattamelata tuttavia cedette i suoi diritti a Brandolini che vi dominarono per oltre quattro secoli, cioè fino ai giorni nostri.
Con il trattato di Campoformio (1797) la zona conosce anche la dominazione austriaca fino alla terza guerra d’indipendenza.
In questo periodo il paese prospera e si abbellisce delle ville e dei palazzi patrizi che oggi costituiscono il centro storico.
Palazzo Ciassi, Palazzo Morona, Villa Brandolini a Solighetto ora centro di cultura Francesco Fabbri, sede permanente del Museo Toti Dal Monte dedicato alla famosa cantante lirica e il centralissimo Palazzo Balbi Valier, ora completamente ristrutturato e restituito all’antica bellezza.
A questa porzione dell’Alto Trevigiano costituita dal quadrilatero pianeggiante del Quartier del Piave e dalla dorsale collinare del Feletto che la delimita ad oriente, sono riconosciute specificità ambientali legate ad esempio alle risorse del Piave o alla vocazione vitivinicola, come pure vi sono concordemente individuati siti di interesse artistico, come la pieve di San Pietro di Feletto, o luoghi legati alle memorie storiche delle ultime fasi della Grande Guerra.
La conoscenza storica deriva principalmente dalla rielaborazione e dalla riflessione su una serie di documenti, testimonianze, prodotti che il tempo ci ha conservato. Tra gli oggetti primari della ricerca storica, oltre alla documentazione scritta, si devono porre tutti quei “prodotti culturali” attraverso i quali è possibile ricostruire brandelli di vita materiale o intuire relazioni sociali o comprendere valori e orizzonti culturali. La struttura di un paesaggio, per esempio, o anche la toponomastica oppure la permanenza di istituzioni nonché l’esistenza di edifici religiosi, militari, civili, come pure le opere di ingegneria idraulica, di bonifica, di utilizzo di terreni “marginali” ed infine la lettura di dipinti e la conservazione di leggende e di consuetudini, tutti questi e altri ancora sono strumenti efficaci per costruire un discorso storico. Naturalmente, questi devono essere,di necessità, integrati con la documentazione scritta, custodita negli archivi oppure già rielaborata narrativamente dai libri.
Il Quartier del Piave e i colli che gli fanno corona – presenta un’alta densità di “reperti” storici utili a ricostruirne la fisionomia basso-medievale. Per certi versi, anzi, si può dire che i periodi che più hanno caratterizzato il volto di questi luoghi sono da un lato quello più recente dell’esplosione industriale e urbana e, dall’altro, quello dello sviluppo basso-medievale. In una prospettiva di sviluppo turistico del territorio, si può quindi pensare di costruire un percorso di visite culturali che facciano perno proprio sulla varietà e qualità di quanto viene dal Basso Medioevo.

Il Quartier del Piave, come si diceva sopra, è un piccolo territorio, una specie di “altopiano” (come diceva Zanzotto), racchiuso da una corona di formazioni collinari. Ha quindi un suo definito carattere geografico, che è stato determinante nel periodo della riconquista del territorio agrario successivo al X secolo. Nei secoli del Basso Medioevo e, in modo particolare, fino al ‘300, avvenne una trasformazione radicale dell’ambiente umano e naturale, sulla spinta dello sviluppo demografico, della riorganizzazione ecclesiastica, dell’affermazione del feudalesimo. Sia la bonifica dell’area paludosa che si trova nella zona depressionaria, i Palù, sia il terrazzamento e la coltivazione dei fianchi collinari risalgono ad esempio a quei secoli centrali. Anche molti degli abitati che punteggiano l’area sorsero proprio allora, in rapporto alla collocazione di una pieve religiosa oppure di un castello feudale. D’altro canto, i corsi d’acqua dall’andamento costante, come il Piave, il Soligo, il piccolo Follina (ai margini dell’area), vennero utilizzati per la produzione di energia e quindi dettero vita ad un settore, quello manifatturiero, che avrebbe costituito a lungo uno degli elementi del benessere di alcuni gruppi sociali. Mentre delle canalizzazioni sul Piave, a partire dalla stretta di Vidor, non restano che tracce mappali, quelle derivate dagli altri due fiumi, invece, sono ancora evidenti in quanto fino a pochi decenni addietro hanno continuato a fornire energia a imprese artigianali di antica fondazione. Anche le Istituzioni politiche e religiose hanno lasciato tracce significative sul territorio. Infatti l’occupazione militare del territorio da parte dei poteri feudali è ricordata in modo chiaro sia da alcuni toponimi o leggende, sia dalla conservazione di significativi edifici connessi a quella civiltà militare. Altrettanto significativa per l’opera di evangelizzazione della Chiesa, con l’istituzione delle pievi, la germinazione dei conventi, la disseminazione di edifici religiosi spesso arricchiti da affreschi che, talora, sono frutto di maestranze locali e in qualche caso invece sono opera di autori in contatto con centri culturali di rilievo: ne sono un esempio il giottesco Dario da Treviso o il transalpino Giovanni di Francia. Le diverse tipologie architettoniche e decorative permettono di entrare in molti degli aspetti della cultura diffusa non soltanto tra le classi superiori, ma anche tra quei contadini e artigiani che a quegli edifici accedevano.
E’ facile quindi capire come l’area scelta per il lavoro delimitata, compatta, facilmente raggiungibile, ricca di testimonianze abbia consentito di ricostruire il profilo di un periodo storico, integrandolo con le conoscenze generali già possedute dal gruppo degli allievi.

Proprio per le evidenti possibilità di sviluppo turistico dell’area, con un’offerta anche di tipo culturale, oltre che paesaggistico e gastronomico, è stato scelto di indirizzare il lavoro svolto dagli allievi alla realizzazione di questo progetto.

L’operazione che questo lavoro vuole tentare è quella di proporre quest’area per il suo variegato e specifico patrimonio artistico e culturale, selezionando entro le diverse possibili espressioni, quelle che nei secoli sono state finalizzate ad esprimere lo spazio e la rappresentazione del sacro e che ancora si trovano nei siti, o quantomeno nelle località, per le quali erano state realizzate.