Il formaggio

L’alpeggio costituiva per la pedemontana una consuetudine indispensabile al mantenimento degli animali delle stalle delle famiglie di fondovalle nel periodo estivo.

I territori montani, distanti, impervi avevano come vocazione non solo quella di accogliere il bosco, ma anche quella di costituire pascoli per le mandrie. Il bestiame poteva qui procurarsi l’alimento sgravando il contadino dal faticoso sfalcio di queste terre accidentate.

Il pascolo era inizialmente di gestione comune tra le varie famiglie secondo regole che la comunità si dava, poi divenne di  pertinenza delle singole famiglie che, in Estate, si spostavano in montagna con il bestiame nelle caratteristiche casere.

La caseificazione era svolta dal caser giornalmente.

Il latte era prima filtrato attraverso una tela a maglia larga o attraverso strati di aghi di pino o di licopodio, erba detta col cioè colino, poi privato del cao, cioè la panna, veniva messo a riscaldare nella caliera di rame con aggiunta del caglio.

A coagulazione avvenuta, la cagliata veniva rotta in frammenti e tutta la massa era nuovamente riscaldata. Una volta prelevata, la cagliata era riposta nello scatol, uno stampo in legno di faggio, e pressata per raggiungere la forma tipica. Da  questo momento cominciava una serie di trattamenti necessari alla conservazione e alla stagionatura.